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Class action contro Disney: 42 app spierebbero i bambini

Un’azione legale collettiva è stata intentata contro The Walt Disney Co. e altre tre società di app development. Secondo l’accusa, ben 42 applicazioni di gioco e intrattenimento per i bambini traccerebbero illegalmente le attività di minori statunitensi (anche sotto i 13 anni): incorporati nelle app, ci sarebbero codici ed algoritmi di analisi comportamentale in grado di estrapolare ed inoltrare verso database esterni informazioni riutilizzabili a fini commerciali.

L’attività di tracking a fini di marketing non sarebbe resa conoscibile ai genitori dei bambini e, più in genere, a chiunque scarichi e installi le app in questione. Sul punto – si accusa – non è resa alcuna informativa né è richiesto consenso specifico per il monitoraggio dei minori per scopi promozionali: carenze che violano la legge federale, segnatamente il Children’s Online Privacy Protection Act (COPPA) “governato” dalla Federal Trade Commission (FTC).

La class action – intentata da una mamma in California in rappresentanza di altri soggetti provenienti da altri 35 Stati federali – chiede l’immediata cessazione dell’attività di monitoraggio, oltre all’irrogazione di una sanzione esemplare e la rifusione delle spese legali.

Intervistato dal Washington Post, il direttore di Center for Digital Democracy – una delle principali associazioni a difesa della privacy digitale e dei diritti dei consumatori – ha individuato quale principale colpa di Disney la scelta di affidare lo sviluppo di app per minori ad un certo tipo di fornitori: “si è ricorso a compagnie che sono solite utilizzare tecnologie pesanti per la raccolta e l’analisi dei dati a livello industriale, aziende il cui ruolo è quello di tracciare e monetizzare gli individui. Tutte cose che non dovrebbero riguardare app per bimbi piccoli”.

Disney ha fatto sapere che si difenderà attivamente perché l’accusa si “fonda su una cattiva interpretazione dei principi del COPPA”, principi che il colosso afferma di aver sempre scrupolosamente osservato. A dire il vero, il curriculum non è propriamente immacolato: nel 2011 la controllata Playdom fu sanzionata dalla FTC per 3 milioni di USD per aver raccolto ed illegalmente utilizzato i dati rilasciati da minori in un gioco online (nome, età, indirizzo email, messaggi istantanei e geolocalizzazione).

Non è dato sapere se le 42 app trattino capziosamente anche i dati di piccoli utilizzatori europei. La UE è dotata di stringenti regole che saranno ulteriormente rafforzate con l’avvento del GDPR dal maggio 2018 (per un quadro completo si veda questo nostro approfondimento).

La difesa della privacy dei bambini è una questione che sta vieppiù guadagnando l’attenzione del pubblico. Questo anche per effetto di questioni ben più gravi rispetto a quella qui trattata: cyberbullismo, sextortion e dipendenza dal web sono emergenze sociali legati ad un cattivo utilizzo dei dati dei minori.

Restando ad un loro sfruttamento commerciale per fini asseritamente leciti, si è per troppo tempo sottovalutato quanto le major che forniscono intrattenimento digitalizzato per i più piccoli ambiscano ad impossessarsi dei loro dati personali in formato elettronico per riutilizzarli a fini commerciali. Molti genitori faticano a comprendere l’esistenza di questo tipo di business, forse perché non credono che il profilo commerciale di un minore possa essere interessante quanto quello di un adulto con capacità di spesa, forse perché – più semplicemente – tendono a credere che chi ha professionalmente a che fare con gli infanti abbia un etica elevata o, comunque, sia attentamente controllato dalle autorità. La verità è che questi colossi danno un valore elevato ai dati personali dei bimbi – tanto da investire milioni di dollari in tecnologie talvolta d’avanguardia per la loro acquisizione e la rielaborazione – e il business della loro commercializzazione è da essi talvolta ritenuto più strategico che la vendita stessa della singola app o del singolo giocattolo interattivo.

Limitandoci a qualche esempio, Privacy.it ha trattato di bambole che registrano di nascosto le conversazioni dei bimbi, di Social che vogliono rivendere l’umore dei più giovani a terzi, di baby monitor che utilizzano funzioni smart per fidelizzare i più piccoli.

2017-08-09T10:56:32+00:00 9 agosto 2017|Hot topics, Marketing, Minori|