La californiana Ambrosia LLC è stata fondata solo un anno fa ed ha già suscitato sufficiente clamore, sia per le ambizioni del proprio business, sia per le questioni etiche che il medesimo solleva. Ambrosia offre a beneficiari over 35 trasfusioni di sangue donato da individui under 25 (anche se, in realtà, pare che il sangue provenga da teenagers, anche sedicenni, e che i riceventi siano senescenti).
Le trasfusioni, per essere precisi, non hanno ad oggetto sangue ma plasma: come noto, il plasma è una componente del sangue, quel liquido giallastro privo di cellule sanguigne che contiene proteine, nutrienti, prodotti del metabolismo, ormoni e elettroliti inorganici. Alcuni studi recenti avrebbero dimostrato effetti benefici di tali trasfusioni sui topi, specie riguardo i processi di invecchiamento neurologico. Alcune sperimentazioni condotte su umani sono state eseguite ma ricorrendo a partecipanti volontari cui sono state somministrate piccole dosi di plasma. Ma Ambrosia ha un altro piglio: vuole eseguire trasfusioni di litri di plasma e farsele pagare profumatamente. E lo ha fatto anche in fase di test diversamente da quanto accade solitamente per i trial clinici: la start-up, infatti, si è finanziata vendendo la partecipazione allo studio a facoltose cavie umane. In altre parole, ha smerciato la promessa di ringiovanimento.
Nel gennaio scorso il fondatore della start-up Dr. Jesse Karmazin sosteneva – come riportato ai tempi dalla Technology Review del MIT – che i primi test, eseguiti appunto su soggetti paganti che si sono prestati allo studio, hanno prodotto benefici a livello mentale e fisico già ad un mese di distanza dall’assunzione di un’unica sacca da 2 litri di plasma.
Il problema, sul piano dell’etica professionale, è che i dati a disposizione della comunità scientifica sono ben lungi dal supportare questi risultati; i colleghi del dott. Karmazin non hanno risparmiato aspre critiche all’attività, censurando il fatto che ci si approfitti della gente, e del loro portafogli, speculando sullo spauracchio dell’invecchiamento pur avendo a disposizione scarse evidenze non solo sui benefici ma anche sui rischi di simile approccio clinico.
Ora – stando a quanto riferito dalla CNBC – l’azienda avrebbe definitivamente commercializzato il servizio al costo di 8 mila dollari a trasfusione, comprensivo di analisi – pre e post trattamento – dei biomarcatori presenti nel liquido organico (altra pratica contestata dalla comunità scientifica perché i parametri dei biomarcatori possono variare in base a molteplici fattori, ad esempio il cibo assunto poche ore prima dell’analisi). Già 100 clienti avrebbero sottoscritto il servizio.
Ambrosia acquista il plasma da trasfondere presso le cd. banche del sangue che usualmente forniscono sacche ad ospedali per le trasfusioni d’urgenza o alle case farmaceutiche per testare gli effetti dei loro composti. Ma pare che nessuno degli studenti sia stato messo al corrente del fatto che il loro fluido corporeo possa finire per circolare nelle vene dei clienti di aziende come Ambrosia.
Forse, prima di cedere parte della propria biologia a terzi, i donatori avrebbero diritto di conoscerne la destinazione d’uso. Qualcuno di loro potrebbe decidere di rifutarne l’impiego per una pratica molto discutibile dal punto di vista scientifico. Ed immaginiamo che qualcun’altro potrebbe, più semplicemente, voler vincolare la destinazione ai più bisognosi anziché ad un azzimato “vampiro” in Ferrari desideroso di divenire un Highlander.