Il manager sostiene di aver firmato nel 2013 un patto di riservatezza al corrispettivo di 200.000 Euro l’anno per 30 anni: una sorta di vitalizio per non divulgare nulla di non concordato sulla vita dell’artista.
Nel 2014 il manager, nel frattempo licenziato, cita Vasco in giudizio per ottenere la prima rata. Ma l’accordo esibito non risulta essere valido, anzi secondo i periti del PM sono falsi: solo l’ultima pagina ha firma autentica e le prime due provengono da una stampante diversa. La posizione della rockstar viene archiviata mentre il manager è stato rinviato a giudizio per falso e calunnia.
Qui dal Corriere la notizia circa l’esito del procedimento a carico di Vasco Rossi