Una ricercatrice della Washington University lo ha dimostrato carpendo informazioni che transitano negli elettrodi collegati ad un cervello sottoposto ad un bombardamento di immagini in sequenza rapida (alcuni millisecondi ciascuna).
Tamara Bonaci è pioniera di un campo che a suo avviso merita grande attenzione: la privacy e la sicurezza neurale. Nel prossimo futuro sarà possibile intercettare o rubare le nostre convinzioni e emozioni più intime semplicemente inserendo un maleware tra noi e i dispositivi smart che tendiamo sempre più ad utilizzare.
Bonaci non solo sta cercando di capire quante e quali informazioni private possono essere estratte dai segnali elettro-fisiologici generati dal cervello, ma è convinta – forte delle sue sperimentazioni – che questo scenario necessiti fin d’ora interventi a protezione dei dati personali. Essa stessa sta lavorando a programmi di anonimizzazione dei segnali neurali da inserire nelle interfaccia fisiche collegate al cervello. E presto dovrà anche occuparsi del problema delle misuratori wireless che conducono a ben più inquietanti scenari di vulnerabilità.