IMPRONTA D'IDENTITA'

Presto l'avremo memorizzata sui documenti. Funziona meglio del Dna ed è più semplice da rilevare. Con tamponi inchiostro e ora con il computer

di
Francesco Gironi e Lorenzo Pinna

impronte

Prego favorisca l'indice della mano sinistra". Il poliziotto lo poggia su un piccolo visore. Un rapido confronto con l'impronta memorizzata sulla carta d'identità e con la banca dati centrale e arriva la conferma. Il prosieguo della storia dipende tutto dalla persona identificata. Che finirà dentro se ricercata o tornerà ai suoi affari se i risultati della ricerca saranno negativi. La legge Bossi-Fini, approvata a luglio dal Parlamento, prevede che gli immigrati che richiedano un permesso di soggiorno in Italia debbano lasciare le loro impronte digitali. E presto lo dovrà fare anche il resto degli italiani: "Il Governo intende estendere al più presto lo stesso meccanismo a tutti i cittadini italiani", ha detto il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Carlo Giovanardi.

E così, a un secolo dal primo caso giudiziario risolto proprio grazie alle impronte digitali lasciate dal colpevole, di impronte si torna a parlare. Ma perché sono così importanti? Polpastrelli e palmi delle nostre mani (e anche dei piedi) sono cosparsi di minuscole papille di forma conica che si susseguono l'una dietro l'altra formando sottili creste separate da piccoli solchi. Le creste descrivono disegni caratteristici, assolutamente individuali (anse, archi, vortici), che si formano già durante la vita fetale, verso l'ottavo mese. Disegni talmente individuali che due gemelli monovulari hanno sì lo stesso Dna, ma impronte digitali diverse.

SISTEMA CENTRALIZZATO
"Le impronte sono quindi il miglior sistema di identificazione: sicuro e facile", dice Luigi Vita, direttore del casellario centrale d'identità presso il Ministero dell'Interno. E' l'Afis, acronimo di Automated fingerprints identification system: qui sono conservate oltre 40 milioni di impronte. E' una sorta di nuovo ufficio anagrafe dove, al posto della data di nascita, viene raccolto un elemento biometrico, l'impronta digitale, che è poi l'elemento più importante per arrivare a un'identificazione certa anche prescindendo dalla commissione di un "reato", aggiunge Vita. Le schede cartacee vengono scansionate e immagazzinate nella memoria di un calcolatore (una copia resta nell'archivio).

Dalla primavera del prossimo anno, il sistema sarà collegato a Eurodac, un cervellone situato in Lussemburgo che raccoglierà i dati di tutti i cittadini extra-Ue che chiederanno asilo politico o che entreranno clandestinamente nei Paesi dell'Unione.

RISPOSTE IN DUE ORE
A Clarksburg, West Virginia, negli Usa, c'è invece il più grande archivio elettronico di impronte digitali: sono conservate quelle di 43 milioni di uomini e donne. Qui si trova la divisione dell'Fbi chiamata Criminal Justice Information Services, dove confluiscono e vengono elaborate tutte le informazioni che riguardano le attività investigative e istituzionali del Federal Bureau of Investigation. Vecchi cartellini segnaletici, tamponi inchiostrati e dita sporche in questo centro sono solo una curiosità del passato. Le impronte si prendono con gli scanner elettronici e vengono archiviate, elettronicamente, in una lunghissima fila di computer: una trentina, in un'immensa sala, dove è raccolta la gigantesca memoria di una delle più grandi agenzie investigative del pianeta (un sistema in parte simile si sta introducendo in questi mesi anche in Italia).

Il sistema che gestisce la raccolta e la ricerca delle impronte digitali si chiama Iafis (Integrated Automatic Fingerprint Identification System) e riunisce in una rete fittissima che percorre tutti gli Stati Uniti il grande archivio dell'Fbi, stazioni di polizia locale o statale e molte altre agenzie coinvolte nella lotta a varie forme di criminalità. Una rete che verrà completata entro il 2010. Se una stazione di polizia invia le impronte trovate sulla scena di un delitto la risposta arriverà nel giro di due ore.

DIECI CATEGORIE
Ma come si identifica un'impronta? Una delle trovate più geniali per utilizzare le impronte è stata quella di inventare un sistema di classificazione relativamente semplice. I disegni delle creste e dei solchi seguono dei tipi e dei sottotipi generali. In Italia la classificazione, ideata da Francis Galton e Edward Henry alla fine del 1800, venne adattata da Giovanni Gasti nel 1905. Si basa su 3 sistemi di linee: basali (parallele alla piegatura del dito), marginali (che entrano e fuoriescono dai lati del polpastrello) e centrali (al centro del polpastrello). Su questa base sono stati identificati 4 tipi principali di impronte: adelta, monodelta, bidelta e composta.

L'impronta adelta e quella bidelta sono poi suddivise rispettivamente in 4 e 3 sottogruppi, più un gruppo 0 corrispondente a un'impronta imperfetta o un dito mancante. Ogni impronta può così essere definita con una di queste 10 categorie.

Il passo successivo è semplice. A ogni polpastrello (indice, pollice, anulare mano destra, poi la stessa serie della mano destra e quindi le restanti dita di sinistra e destra) viene assegnato un valore da 1 a 0. In questo modo con un numero di dieci cifre, per esempio 823-924-73-54, si indicano le categorie in cui rientrano le varie dita a partire dal pollice della mano sinistra. Cioè, nel nostro esempio, il pollice della mano sinistra è di categoria 8, l'indice di categoria 2 e via di seguito. Questi numeri (10 miliardi di combinazioni possibili), identificano con buona approssimazione ognuno di noi insieme ai dati anagrafici più ovvi come sesso, data di nascita, ecc.

MINUZIE CHE INCASTRANO
Il computer lavora in modo diverso. Si limita a identificare i quattro tipi principali di impronte passando quindi a identificare le minuzie, cioè le minuscole irregolarità delle creste (biforcazioni, anelli, linee spezzate, ecc.) che con la loro forma rendono inequivocabile l'identità delle due impronte: se ne contano fino a 90.

Funziona cosi: "Il computer unisce tutte le minuzie formando il numero maggiore di triangoli possibili senza che questi si intersechino tra loro", spiega ancora Luigi Vita, "di ogni triangolo, quindi misura gli angoli, i lati, la superficie e confronta le misure ottenute con quelle che ha in memoria". Il risultato, ottenuto al ritmo di 7000 operazioni al secondo, è una serie di "candidati" che avranno minuzie corrispondenti. Sarà poi il dattiloscopista a confrontare "candidati" e "sospetti".

(Ndr: ripreso dal mensile Quark n. 19 di settembre 2002)